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SIAE: dieci domande imbarazzanti.

La SIAE ha pubblicato 10 domande per supportare la Delibera Ammazza-Internet di AGCOM. Ho provato a rispondere a tutte e 10.

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Sono certo che avete già sentito parlare della famigerata Delibera AGCOM, e delle polemiche che ne hanno accompagnato la pubblicazione.

Sebbene io abbia un’idea precisa dei danni (superiori ai benefici) che questo regolamento potrebbe causare a tutti noi, ho deciso di non intervenire sulla questione, lasciando lavorare chi di Legge se ne intende.

Questa mi sembra la condotta migliore: ognuno faccia quello che sa fare e che gli compete. Questo è un invito per tutti, anche per AGCOM e SIAE.

Il motivo per cui oggi sono costretto a parlare di questa cosa è che la SIAE ha posto 10 provocatorie domande al “popolo della rete”. Dieci domande imbarazzanti, non perché sia difficile rispondere, ma perché dalla maniera in cui sono state formulate mi è chiaro che non esiste da parte della SIAE una reale apertura al dialogo, piuttosto un’accusa a tutti quelli che in questi giorni hanno espresso perplessità sul testo, che in più di un punto vengono accostati a chi ruba. Ecco le mie dieci risposte…

Domanda numero 1.

Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?

Domanda retorica. Non ci sono dubbi che il diritto dell’Autore debba essere sempre riconosciuto. Ma proprio la SIAE deve farci la predica su questo punto? Anche se la parola Autori è contenuta nell’acronimo SIAE è cosa nota che gli interessi di questa Società e gli interessi dei piccoli Autori non collimano: il 60% degli autori iscritti alla SIAE è in perdita, cioé non percepisce in Diritti una somma che copra almeno la quota di iscrizione alla SIAE stessa.

Il diritto degli Autori è ben riconosciuto in Internet, dove ognuno è allo stesso tempo autore e fruitore, e ci tiene a veder riconosciuti i propri diritti.

Domanda numero 2

Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?

Queste sembrano due domande, in realtà si tratta di una provocazione gratuita e di una domanda fuorviante, provo a replicare ad entrambe.

  1. L’affermazione “coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano il furto” ha bisogno di essere supportata da prove, altrimenti si rischia una querela. Personalmente critico il provvedimento AGCOM, e critico anche il reato di furto. Scritta così sembra che la SIAE voglia dire che chi non è d’accordo con questo provvedimento è amico dei ladri o è ladro lui stesso. Attenzione.
  2. Impedire la messa in rete di materiale illegalmente acquisito non dovrebbe essere considerato censura, però la questione non è questa, quindi o la SIAE non ha letto il testo del provvedimento, o sta di nuovo provando a camuffare la giusta protesta dei consumatori in qualcosa di diverso.

La questione qui è la seguente: se lo strumento per impedire la messa in rete di un contenuto, presunto “illegale”, prevede anche la possibilità di rendere inaccessibile l’intera piattaforma che lo ospita, allora mi preoccupo un po’.

Domanda numero 3

Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?

Non ho letto da nessuna parte una posizione simile. Risulta ingiusto rendere inaccessibile un contenuto in base ad una presunzione di illegittimità e senza una giusta sentenza, risulta invece giusto e sacrosanto colpire chi trae vantaggio dallo sfruttamento di un’opera acquisita illegalmente, ma sempre per intervento della Polizia Postale o di un Magistrato.

Domanda numero 4

Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?

Nessuno, tra quelli che stanno criticando il provvedimento, ritiene ingiusto pagare i contenuti. Alcuni dei più critici commentatori del testo sono creatori di contenuti essi stessi. Quello che non funziona è il meccanismo di ripartizione degli utili che la SIAE cerca di difendere. La rete è piena di contenuti a pagamento, molti autori hanno trovato un sistema gratificante di distribuzione del loro lavoro chiedendo direttamente ai fruitori un pagamento. La rete, per sua natura, incoraggia il rapporto diretto tra l’autore e il fruitore, questo meccanismo rende obsolete strutture complesse e poco convenienti come la SIAE e potrebbe garantire il giusto compenso ad ogni autore. Non riesco a immaginare la rete senza contenuti, però riesco a immaginare la rete senza la SIAE e penso che i contenuti aumenterebbero in quantità e qualità se chiunque fosse libero di pubblicare una propria opera senza chiedere il permesso e versare dei soldi a questa Società.

Domanda numero 5

Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?

Tra tutte, questa è la più facile. Il cosiddetto “equo compenso” è tutto tranne che equo. Pago un “equo compenso” ogni volta che acquisto un supporto vuoto, perché la SIAE ha stabilito che io ruberò dei contenuti e li memorizzerò su tale supporto. Pago un “equo compenso” quando acquisto un masterizzatore, un videoregistratore, una videocamera. Pago un “equo compenso” anche sull’acquisto di un PC privo di materizzatore!

Mi sembra ingiusto chiamare equa una somma che sono obbligato a pagare senza che ci sia una reale necessità e chiamarla tassa se non ricevo alcun servizio in cambio. Se non è una tassa, e non è equa… è un’altra cosa.

Domanda numero 6

Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?

Internet è un’opportunità per tutti, è l’unico media “giusto” in cui un autore può vedersi riconosciuti i diritti che merita. L’unico posto in cui chiunque può diventare editore di sé stesso e non essere costretto a cedere il proprio lavoro prima di vederlo distribuito. Internet è un pericolo per chi guadagna sul lavoro altrui, per chi non produce nulla. Le opere originali sono sempre state premiate da questo meccanismo, chi è contrario a questo nuovo modello è soltanto chi da anni si arricchisce alle spalle di autori e fruitori.

Domanda numero 7

Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?

Internet è la negazione di questa contrapposizione, che serve soltanto a chi si arricchisce sul lavoro degli autori. Su Internet chiunque è autore e chiunque è fruitore, è questo giusto meccanismo che SIAE sembra voler contrastare.

Domanda numero 8

Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?

Davvero alla SIAE non sanno perché fanno quello che fanno? Perché vogliono i miei soldi e anche i soldi degli artisti.

SIAE limita la mia libertà nel momento in cui mi priva di contenuti. Se un artista incide un disco non posso acquistare quel disco fino a che l’autore o il distributore non avrà apposto un bollino SIAE sul supporto. Questo limita la libertà dell’artista, che non può liberamente trarre profitto da una propria opera, e la libertà del fruitore, che non può acquistare un’opera che gli piace.

SIAE limita la mia libertà nel momento in cui pretende che io paghi dei soldi per ricevere amici e parenti ad una festa, poco importa se farò ascoltare soltanto brani originali suonati dallo stesso artista che li ha creati.

Mi domando invece perché SIAE continui ad usare il verbo “rubare” a sproposito.

Domanda numero 9

Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?

Se sono così in tanti a lavorare in questo settore non posso che essere contento. Le risorse per continuare a lavorare ci sono, le tecnologie esistono. Se la SIAE fosse in grado di utilizzare le tecnologie, anziché continuare a lamentarsi del fatto che qualcuno la sta derubando, potrebbe garantire lavoro al doppio della gente impegnata adesso, e contenuti sempre nuovi ai fruitori. Piagnucolare non serve.

Domanda numero 10

Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “figli di un Dio minore”?

Ognuno ha il sacrosanto diritto di difendere quello che ha prodotto. Perdonatemi però se il mio rispetto va soltanto agli Autori, quelli veri, quelli che producono opere e contenuti originali, e non a chi, come SIAE, pretende di guadagnare denari (tanti) sfruttandone l’ingegno. Per quanto riguarda la citazione, avreste dovuto riportarne la fonte, almeno in questo contesto.

 

Queste sono le risposte che non sono riuscito a trattenere, ritenendo insopportabile l’accostamento tra chi è giustamente contrario ad un testo che intende privare i cittadini italiani delle proprie libertà e chi commette un reato.

Chi volesse, può leggere il queste domande sul sito SIAE, il testo del provvedimento dal sito AGCOM, oppure dieci risposte migliori delle mie, del musicista Massimo Piscopo, su Facebook.

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13 replies on “SIAE: dieci domande imbarazzanti.”

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